Categorie
Cultura

1 MAGGIO

Pensieri e Parole

La nostra riflessione oggi è sulla Cultura, questa dimenticata. 

Cultura della sicurezza sul lavoro, senza pandemia c’erano circa più di un morto al giorno per mancanza di sicurezza e la parola d’ordine era costa troppo, da parte di chi la doveva istituire. 
Per anni ci hanno fatto credere che la Sanità privata era migliore di quella pubblica, oggi, con il disastro, là dov’è c’è più privato che pubblico ha dimostrato il contrario però ancora oggi tali imprenditori o società o fondazioni cercano di sopravvivere al loro disastro attraverso la campagna mediatica sulla credibilità dello Stato creando ad hoc la convinzione che le scelte sono incomprensibili inadeguate caotiche, così il caos istituzionale e cavalcando la rabbia che ne deriva riprenderanno terreno.
Ci sarebbe tanto da dire analizzando pezzo per pezzo però è sempre lo stesso scenario.

Con questa premessa l’unica strada possibile per poter migliorare il nostro futuro è fare sempre quello che abbiamo detto negli ultimi anni la Cultura aiuta la conoscenza e di conseguenza ci aiuta a vivere meglio tutti insieme valorizzando le nostre diversità. 
Prima di comunicarvi la nostra ultima scommessa, un appunto brevissimo su una cosa a cui ci teniamo tantissimo, chiudono perché la pandemia genera morti e ci dicono che è necessario fare un passo alla volta, chi vuole riaprire tutto non si assume la responsabilità di dire che se ci saranno morti o malati è loro responsabilità eppure ci dicono che la chiusura porta povertà dando numeri e previsioni. 
La cosa che ci ha fatto accendere la lampadina è che un giornalista ha detto che ora ci sono più posti in terapia intensiva e quindi ci si può ammalare.

La nostra scommessa è in questo momento in cui la cultura in tutte le sue forme è lasciata in soffitta noi abbiamo realizzato un sito dove ci saranno anche video musicali, letture, spettacoli teatrali, mostre e tutto quanto realizzeremo o ci verrà inviato sempre con la consapevolezza che la qualità, la competenza sono prioritarie.
PS: un ringraziamento alle tante persone che hanno contribuito a questa nuova esperienza direttamente o non perché anche chi non ha partecipato direttamente ci ha dato la forza di continuare a sognare grazie a tutti noi

Oggi vi proponiamo una lettura dell’attrice Michela Barone che legge un brano “È morto un ladro“ dal film la proprietà non è un reato.

Categorie
Cultura

Come i pini di Roma la vita non li spezza… La musica d’autore a Roma

Una mano bianca e una nera chiuse in una stretta serrata e indissolubile. Questo era il simbolo, oggi diremmo logo, del Folkstudio. Agli inizi degli anni ‘60 un nero e un bianco portarono in cantina quello che a Roma era prassi fare nelle piazze nei raduni estivi. Prima di loro streghe e donne fatali si contendevano il primato in una città col sole da marzo a novembre. Poi sul folk studio c’è una leggenda, una leggenda che racconta di un menestrello proveniente dall’America con il viso pallido, riccioluto e magro come un chiodo che si posò sul trono di Trastevere… Bob Dylan e da li il mito. Da allora decine sono stati gli artisti che hanno calcato il palco del mitico Folkstudio di Roma, noti meno noti, conosciuti e ricordati come i quattro ragazzi della canzone di Venditti: lo stesso Antonello, il compianto Giorgio Lo Cascio, Francesco de Gregori e Ernesto Bassignano, e altri che fatta una breve apparizione sono caduti nel dimenticatoio. Poi quelli che anche dopo la loro scomparsa continuano a vivere con le loro canzoni, cantautori come Stefano Rosso e Rino Gaetano, solo per citarne due dei più famosi, sono sempre presenti nelle nostre discografie e soprattutto nei ricordi di molti.

Nel settembre 2018 all’Ex Mercato di Torrespaccata c’è stata una due giorni dedicata alla musica d’autore ispirata alla figura di Luciano Bianciardi, mentore e “suggeritore” di cantautori come Enzo Jannacci e Giorgio Gaber, una due giorni piena di stimoli e riflessioni su quel fenomeno che ha visto pian piano salire alle vette del successo i “Cantautori” termine questo portato al soglio della cultura le “canzonette” da uno dei padri della nostra musica moderna, Nanni Ricordi, coraggioso e visionario manager. Vocabolo poi trasportato in alto da un altro romano doc Vincenzo Micocci. Si proprio quel Vincenzo che Alberto Fortis voleva ammazzare in una delle sue prime canzoni, insieme ad una invettiva crudele contro i romani, di cui Fortis si pentirà, ma che i romani di una certa generazione non hanno ancora dimenticato, le stesse invettive come “Roma ladrona” che fino a qualche anno fa erano di moda e che oggi qualcuno, lo stesso che le ha usate per scalare vette politiche, dice di non aver mai pronunciato, si la memoria certe volte inganna… La canzone romana comunque va avanti, l’esperienza della musica creata nonché compiuta per diletto e magari proposta ad un piccolo pubblico, non nasce però al Folkstudio negli anni 60/70 è più antica. La canzone popolare e gli stornelli del Sor Capanna, al secolo Pietro Capanni ne sono un solido esempio. Poco più tardi la figura di Romolo Balzani che potremmo definire il “Proto Cantautore”, poiché scriveva, suonava, cantava e addirittura produceva i propri dischi e la figura di Ettore Petrolini, trasformista e attore elevano la canzone romana al rango di quella napoletana, tradizionalmente più blasonata, poiché supportata da un impianto compositivo di tutto rispetto.

Nel 2019 l’esperienza della musica d’autore continua con una rassegna proprio dedicata al Folkstudio, all’Ex Mercato è prevista una tre giorni dove ogni serata sarà gestita da un cantautore, il quale condurrà i propri amici in un percorso fatto di poesia, canzone e prosa, dove i temi saranno proprio quelli cari alla nostra tradizione, un omaggio a questa città  troppo spesso crocevia di interessi politici di basso livello, interessi che lasciano indietro proprio quello per cui la città di Roma è unica, la sua immensa e millenaria cultura di tolleranza e ospitalità. Una delle canzoni più simpatiche di Alvaro Amici recitava “Più semo e mejo stamo”, tanto per dire. La rassegna è anche un omaggio ad un altro grande romano, il professor Gianni Borgna che ci ha lasciato cinque anni fa. Illustre didatta universitario e ricercatore, Borgna ha scritto tutto quello che si poteva scrivere sulla nostra musica e soprattutto sulla città di Roma. Il 16 novembre 2019 all’Ex mercato sarà ospite d’onore della struttura il cantautore Roberto Kunstler, presentato da Luigi Perazzelli, proprio uno dei ragazzi, ormai cinquantenni del Folkstudio. Per chi non lo conosce Roberto Kunstler ha vinto un Sanremo come autore di una delle canzoni più belle di Sergio Cammariere, quell’impasto tra musica melodica e Jazz che ha per titolo “Tutto quello che un uomo”. Roberto oltre che le sue canzoni presenterè il suo libro “Cantiere 50 canzoni, poesie e altri versi”, uno spaccato sulla sua carriera e la musica d’autore dal 1979 al 2019.

Il giorno 23 novembre 2019, sempre all’Ex Mercato di Torrespaccata sarà di scena la seconda edizione della “Cinema in Pellicola Day”, una giornata dove appassionati, operatori, collezionisti e curiosi potranno godere di piccole e grandi proiezioni esclusivamente su pellicola, si proprio quella pellicola che tanto ha dato al cinema ma anche a quello che era il movie film, quei piccoli filmini in super 8 che hanno documentato, prima delle videocamere e dei selfie, la vita quotidiana. Tutti i formati saranno presentati e proiettati, dal 8 e super 8 millimetri al 16 mm, per finire col cinematografico 35 mm. Ospite d’onore sarà il regista Sergio Martino, regista cult degli anni ’70, autore di pellicole come “La coda dello scorpione” o “Lo strano vizio della signora Ward” interpretato da una delle icone del cinema italiano Edwige Fenech. In allegato il comunicato stampa dell’associazione promotrice.

Sabato 30 novembre avrà luogo una performance teatrale dedicata alla giornata internazionale per l’eliminazione della violenza controle donne. Tale ricorrenza viene celebrata il 25 novembre ed è stata ufficializzata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999 ma ha radici ben più lontane nel tempo: fu nel 1981 che un gruppo di attiviste riunitesi nell’Incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi, tenutosi a Bogotà, scelse questa data in ricordo del brutale assassinio, avvenuto il 25 novembre 1960, delle sorelle Mirabal, ferventi oppositrici del regime dittatoriale di Rafael Leónidas Trujillo in Repubblica Dominicana. Tale ricorrenza trova diffusione in Italia solo dal 2005 e, spesso, ne viene ignorata l’origine. La performance, basata sul libro “Il tempo delle Farfalle” di Julia Alvarez, ha lo scopo di far conoscere la storia di Minerva, Patria, Mate e Dedè, “Las Mariposas”, le farfalle, loro nome in codice nella lotta contro quella che è ancora considerata una delle dittature più feroci dell’America Latina.

Categorie
Cultura

Woodstock un sogno per tanti, un incubo che ancora dura per molti

Una generazione, ormai al tramonto fisico che ha dato però tanto a questa società. Ha dato una o più speranze, ha offerto qualcosa in cui credere e ha donato forse uno dei momenti più intensi d’amore collettivo ad un mondo che stava andando in pezzi.

C’era la guerra in Vietnam, Ragazzi in armi morivano per una finta idea di libertà, un benessere falso e figlio di un consumismo sfrenato, un buon lavoro, una bella casa dove crescere figli, una macchina nuova da mettere in garage da guidare nei pochi momenti liberi, una TV a colori per spegnere le idee, come oggi del resto… Ognuno doveva dimostrare di essere meglio degli altri, iniziava la “guerra tra poveri” come si usa dire dalle nostre parti,  ma c’era qualcos’altro; un’ idea. Libertà, pace, amore, musica, sogni…un’idea per cui  milioni di giovani e meno giovani portavano in alto la bandiera del PEACE & LOVE, una bandiera che si lasciava accarezzare dal vento e emanava nell’aria musica, arte, poesia e un pizzico di follia. Era la hippie generation, era la Woodstock generation che, negli anni ’60, portò in alto la corona e il vessillo di una liberà, almeno agognata, ma nel contempo comunque ci si divertiva

La pellicola girata in quei giorni divenne poi un film, uno di quei classici che ancora oggi viene riproposto come testimonianza unica, un opera prima e un modo di concepire il documentarismo fino ad allora mai realizzato. Ma Woodstock non è solo stato questo, ma ha rappresentato negli anni a venire qualcos’altro da quel magnifico 1969 tutta la musica e il modo di viverla cambiò. Non che già i concerti o i grandi concerti non fossero una prassi, ma il viverlo insieme, con tanta gioia e partecipazione fu un miracolo di coesione che ancora oggi fa da esempio a tanti ragazzi.

Il grande assente li fu proprio colui che aveva ispirato tanto ardore e partecipazione ai concerti rock, Bob Dylan, ma la sua assenza non fu sentita ma ben ripianata da quelli che da li a poco sarebbero diventati grandi anche loro. In Italia la moda dei mega raduni fu subito acquisita, il festival di Re Nudo, Parco Lambro e di Villa Panphili qui a Roma in particolare, hanno, sempre con i giusti distinguo, lasciato un segno nella nostra musica e nella nostra società.

Proprio il raduno di Villa Pamphili del 1972 da l’idea che quegli anni erano eccezionali ma per qualcun’altro solo un cumulo di errori e cose da dimenticare, ma proprio il blocco dei cinquanta mila giovani e non solo giovani che per tre giorni dal 25 al 27 maggio invasero il parco ascoltando, partecipando e soprattutto dando una prova di civiltà unica sono la testimonianza che quella generazione, quei ragazzi di ieri, oggi ultrasessantenni avevano una marcia in più. La tre giorni del concerto fu trasmessa in diretta dalla RAI da Renzo Arbore, per la trasmissione “Per voi giovani” così da accontentare tutti quelli che non potevano venir a Roma o che soltanto non avevano modo di accedere per vari motivi al plesso.

Il biglietto da costi popolari (300 lire di allora, circa 10 euro di oggi con quasi otto ore di musica dal vivo) era sostenibile, un concetto molto lontano da quella che oggi è la macchina dei concerti, che alle volte ha prezzi esagerati per la maggior parte delle tasche di un giovane.

Aprono le danze il gruppo della “Fine del Libro”poi, per tre giorni: Sammy Set, il debuttante Francesco De Gregori, Mary Afi e gli Osibisa, i Four Kents un sound del tuttonuovo, Flea on The Honey, Richard Benson prima di diventere l’uomo disco di TVA 40, Il Punto, addirittura Bobby Solo, Folkaudo, Paola Carosi, i Forum Livii, i Rocky’s Filj, il Banco del Mutuo SoccorsoOsanna, Blue Morning, Aum Kaivalya, Quella Vecchia Locanda, Raccomandata con Ricevuta di Ritorno, Semiramis, Nature featuring, Nadia, Living Music, Jimmy Mec, Non Calpestare le Aiuole, Era d’Acquario, gli Anemoni, i New Trolls, Fholks, Claudio Rocchi, Garybaldi, Cammello Buck, Fine del Viaggio, Osage Tribe, e  in chiusura i Trip. Tre complessi stranieri per dare un tocco di classe e di internazionalità a tutto ilFestival: Hookfoot, Hawkwind, Van der Graaf Generator.

Come si intuisce nella tre giorni la fece da padrone quella che era la nascente schiera dei gruppi progressive italiani, una tendenza che fece epoca e cambiò letteralmente il modo di gestire i prodotti discografici e la musica nel nostro paese. Gruppi come la PFM e I NEW TROLLS, già avevano nella loro fase embrionale collaborazioni con i grandi cantautori, uno su tutti Fabrizio De Andrè e autori come Reverberi, è del 1968 l’album dei NEW TROLLS “Senza orario e senza bandiera” un concept album scritto proprio da quel Faber che due anni dopo uscirà con uno dei suoi capolavori “La buona novella” suonato in studio dalla PFM che allora ancora si faceva chiamare I QUELLI.

Un progressive italiano che ha avuto una stagione breve, ma che ha lasciato più di un segno, soprattutto nella musica degli anni a venire.

Ma ritorniamo a quella estate di cinquanta anni fa, un evento quello di Woodstock che fece epoca soprattutto per il modo di gestire una folla oceanica di giovani che per la prima volta si riunivano in nome di una convivenza che diede e da ancora fastidio a molti. Quel fiume in piena di persone stanche della retorica e dei massacri in nome del progresso fece sudare freddo non solo in America tutta una ridda di personaggi che sentendosi minacciati nella loro autorità, pensarono bene di criminalizzare tutto un movimento, quello Hippie. La strage di Beverly Hills del 9 agosto 1969 ad opera di una banda di criminali capeggiati da Charles Manson, pochi giorni prima di Woodstock gettò un’ombra su tutto il mondo Hippie. Negli anni poi si è capito che quell’episodio era scollegato da quel mondo Hippie e antagonista lo chiameremo oggi, ma ormai il fango era stato gettato.

A noi piace però ricordare quei ragazzi nella loro natura più bella, ci piace ricordarli mentre sotto una pioggia scrosciante continuano a ballare e allo stesso modo ci piace ricordare i centinaia di musicisti che si sono avvicendati sul palco, i tecnici e tutte le persone che hanno permesso tutto ciò. Nel mese di settembre dal 13 al 29 all’Ex Mercato di Torrespaccata ricorderemo quell’estate di cinquant’anni fa, non dimenticandoci di un altro fatto planetario: il primo uomo sulla luna. Concerti, spettacoli teatrali e molto altro in un festival chiamato “50 lune fa” vi aspettiamo. 

Per tutto l’anno 2019 e per il 2020 sono previste poi altre iniziative culturali rassegne, dibattiti, incontri, fiere, forum ed eventi a tema con particolare attenzione al mandato primario della struttura di realizzare un vero e proprio progetto di diffusione della cultura e di costituire un luogo d’incontro e discussione per il quartiere e non solo. Al contempo proseguono e si allargano le attività di Scuola Popolare di Musica, i Corsi Base di Teatro, di Yoga e di Parkour.

Categorie
Cultura

Io mi ricordo quattro ragazzi con la chitarra… La musica d’autore a Roma

Una mano bianca e una nera chiuse in una stretta serrata e indissolubile. Questo era il simbolo, oggi diremmo logo, del Folkstudio. Agli inizi degli anni ‘60 un nero e un bianco portarono in cantina quello che a Roma era prassi fare nelle piazze nei raduni estivi. Prima di loro streghe e donne fatali si contendevano il primato in una città col sole da marzo a novembre.

Poi sul folk studio c’è una leggenda, una leggenda che racconta di un menestrello proveniente dall’America con il viso pallido, riccioluto e magro come un chiodo che si posò sul trono di Trastevere… Bob Dylan e da lì il mito.

Da allora centinaia sono stati gli artisti che hanno calcato il palco del mitico Folkstudio di Roma, noti meno noti, conosciuti e ricordati come i quattro ragazzi della canzone di Venditti: lo stesso Antonello, il compianto Giorgio Lo Cascio, Francesco de Gregori e Ernesto Bassignano, e altri che fatta una breve apparizione sono caduti nel dimenticatoio. Poi quelli che anche dopo la loro scomparsa continuano a vivere con le loro canzoni, cantautori come Stefano Rosso e Rino Gaetano, solo per citarne due dei più famosi, sono sempre presenti nelle nostre discografie e soprattutto nei ricordi di molti.

Lo scorso settembre all’Ex Mercato di Torrespaccata c’è stata una due giorni dedicata alla musica d’autore ispirata alla figura di Luciano Bianciardi, mentore e “suggeritore” di cantautori come Enzo Jannacci e Giorgio Gaber, una due giorni piena di stimoli e riflessioni su quel fenomeno che ha visto pian piano salire alle vette del successo i “Cantautori” termine questo coniato da uno dei padri della nostra musica moderna, Nanni Ricordi, coraggioso e visionario manager, e poi vocabolo trascinato in alto da un altro romano doc Vincenzo Micocci, si proprio quel Vincenzo che Alberto Fortis voleva ammazzare in una delle sue prime canzoni, insieme ad una invettiva crudele contro i romani, di cui Fortis si pentirà, ma che i romani di una certa generazione non hanno ancora dimenticato, le stesse invettive come “Roma ladrona” che fino a qualche anno fa erano di moda e che oggi qualcuno, lo stesso che le ha usate per scalare vette politiche, dice di non aver mai pronunciato, si la memoria certe volte inganna…

La canzone romana comunque va avanti, l’esperienza della musica creata nonché compiuta per diletto e magari proposta ad un piccolo pubblico, non nasce però al Folkstudio negli anni 60/70 è più antica. La canzone popolare e gli stornelli del Sor Capanna, al secolo Pietro Capanni ne sono un solido esempio. Poco più tardi la figura di Romolo Balzani che potremmo definire il “Proto Cantautore”, poiché scriveva, suonava, cantava e addirittura produceva i propri dischi e la figura di Ettore Petrolini, trasformista e attore elevano la canzone romana al rango di quella napoletana, tradizionalmente più blasonata, poiché supportata da un impianto compositivo di tutto rispetto.

Nel 2019 l’esperienza della musica d’autore continuerà con una rassegna proprio dedicata al Folkstudio, all’Ex Mercato è prevista una tre giorni dove ogni serata sarà gestita da un cantautore romano, il quale condurrà i propri amici in un percorso fatto di poesia, canzone e prosa, dove i temi saranno proprio quelli cari alla nostra tradizione, un omaggio a questa città  troppo spesso crocevia di interessi politici di basso livello, interessi che lasciano indietro proprio quello per cui la città di Roma è unica, la sua immensa e millenaria cultura di tolleranza e ospitalità. Una delle canzoni più simpatiche di Alvaro Amici recitava “Più semo e mejo stamo”, tanto per dire.

La rassegna è anche un omaggio ad un altro grande romano, il professor Gianni Borgna che ci ha lasciato quasi cinque anni fa. Illustre didatta universitario e ricercatore, Borgna ha scritto tutto quello che si poteva scrivere sulla nostra musica e soprattutto sulla città di Roma.

Ma non solo musica, rassegne cinematografiche e teatrali, contest sul Fantasy e sul Cosplay, collaborazioni con istituzioni come la facoltà di lettere e filosofia di Uniroma2, partecipazione attiva con associazioni e realtà del territorio, sinergie con organismi come il CNA, fiere e incontri sull’editoria sono nel programma dell’Ex Mercato di Torrespaccata che vede allargare l’orizzonte culturale e partecipativo per raggiungere un target fatto di condivisione di esperienze per dare linfa ad un territorio troppo svuotato di positività.

Al contempo proseguono e si allargano le attività di Scuola Popolare di Musica, i Corsi Base di Teatro, di Yoga e di Parkour.

Categorie
Cultura

Nuovo Cinema… Periferia

All’inizio c’erano le pitture rupestri di Lascaux, poi arrivò Giotto e la sua prospettiva, la pittura rinascimentale, e le nuove vie.

Arriva poi la fotografia e il cinema, tutto questo però sembra ormai passato.

L’immagine e la comunicazione tramite il grande schermo, in primis, nel secolo XX ha assunto un ruolo di primaria importanza come veicolo di divulgazione delle idee e di mode. Il connubio potere/cinema/moda è un processo vecchio un secolo. Lenin e poi Stalin nella Russia post rivoluzionaria misero in primo piano il rapporto col cinema, un cinema dai contenuti fortemente rivoluzionari e allo stesso tempo nazionalistici. Lo stesso fecero poi Mussolini ed Hitler che arrivarono a costruire una industria cinematografica assoggettata al regime, ma anche in tutto il resto del mondo della prima metà del secolo passato questa tecnologia ha avuto un ruolo fondamentale di rapporto con le masse. In Italia già prima del fascismo l’industria cinematografica si sviluppa come arte innovativa, a Pastrone in Cabiria del 1914 dobbiamo l’uso della macchina da presa su carrello, per permettere l’avvicinamento e l’allontanamento del punto di ripresa, tanto per rendere l’idea di quello che il genio italico ha dato a questa nobile arte. A Roma comunque nasce il cinema italiano. Nel 1904 Filoteo Alberini fonda il Cinema “Moderno” in quella che allora era Piazza Esedra e l’anno successivo, nel 1905, lo stesso Alberini gira uno dei primi lungometraggi del cinema italiano “La presa di Roma”. La città eterna dal quel momento in poi diventa punto di riferimento e, allo stesso tempo, musa ispiratrice del cinema italiano. Nel 1937 viene costruita su un’area rurale Cinecittà, un complesso composto da 73 edifici, tra cui 21 teatri di posa, centrali elettriche, uffici della direzione su progetto dell’architetto Gino Peressutti.

La crescita dell’industria cinematografica portò alla diffusione capillare di numerose sale su tutto il territorio cittadino, periferie comprese, a volte convivendo anche con il teatro di rivista ancora diffuso fino agli anni ’50, attori come Aldo Fabrizi, Anna Magnani, Totò, Alberto Sordi e tanti altri, prima di diventare le icone del cinema che conosciamo, si cimentavano in questo genere di spettacolo. Normalmente le performance degli attori precedevano il film. Lo stretto rapporto con il pubblico che si creava durante le serate oggi è un ricordo ormai lontano.

A cavallo tra gli anni ’60 e gli anni ’70 nella capitale sono operative circa 300 sale tra prima visione, seconda visione, terza visione e sale diocesane. Queste ultime avranno un ruolo fondamentale per la seconda o terza distribuzione di pellicole già datate e parzialmente usurate consentendo così la visione a prezzi più che popolari di opere, ma anche cinematografia minore, altrimenti non economicamente accessibile alle classi più disagiate di cui le periferia era piena, oggi molte sale sono state tristemente trasformate in sala Bingo. Nella fattispecie, in quello che ora è il territorio del VI Municipio, non c’erano, fino agli anni ’70 sale cinematografiche, né di prima né di seconda visione. In via Casilina, all’incrocio con quello che attualmente è Viale di Tor Bella Monaca c’era un’arena estiva ora sostituita da una vetreria, mentre nella borgata di Finocchio c’era il cinema Adam di terza visione anch’esso ora inesistente. Bisogna aspettare fino agli anni novanta che l’assessorato alla cultura del comune di Roma istituisca il “Cinema di Raccordo”: proiezioni estive all’aperto gratuite con una programmazione mista di film da cassetta e d’essay: esperienza questa durata a fasi alterne per circa 10/15 anni, memorabile la proiezione poco dopo la sua uscita nelle sale del film “Titanic”.

Da allora le rassegne e le proiezioni diventano, nel territorio di questo municipio, prerogativa di associazioni culturali e biblioteche comunali con un programma specifico e settoriale: film d’autore, per bambini ecc.

Anche all’Ex Mercato di Torre Spaccata il cinema svolge il suo ruolo e occupa il suo giusto spazio: iniziative come “Pellicola Day” svoltasi il 20 ottobre del 2018, che ha ospitato appassionati di proiettori d’epoca che hanno esposto i loro apparecchi permettendo al pubblico di fare un vero e proprio tuffo nel passato della visione cinematografica. L’evento ha visto ospiti come il regista Enzo Castellari, uno dei padri del poliziottesco italiano, che alla veneranda età di 80 anni ha deliziato i presenti con una vera e propria lezione di cinema e con i suoi affascinanti racconti.

Nel mese di Aprile 2018 è stato ospite della struttura, nell’ambito della prima edizione del “Blood fest”, il compositore Claudio Simonetti, leader dei Goblin famosi per la realizzazione, tra le altre, delle colonne sonore di “Profondo Rosso” e “Zombi” riconosciuti come capolavori del cinema moderno.

Per l’anno 2019 sono previste altre iniziative culturali legate al cinema: rassegne, dibattiti, incontri, fiere, forum ed eventi a tema con particolare attenzione al mandato primario della struttura di realizzare un vero e proprio progetto di diffusione della cultura e di costituire un luogo d’incontro e discussione per il quartiere e non solo.

Al contempo proseguono e si allargano le attività di Scuola Popolare di Musica, i Corsi Base di Teatro, di Yoga e di Parkour.

Non c’è nessuna forma d’arte come il cinema per colpire la coscienza, scuotere le emozioni e raggiungere le stanze segrete dell’anima.
(Ingmar Bergman)

Quando si va al cinema, si alza la testa. Quando si guarda la televisione, la si abbassa.
(Jean-Luc Godard)

Categorie
Cultura

Scuola Popolare di Musica a Torrespaccata

La denominazione “Scuola Popolare di Musica” è ormai una costante e un’istituzione in città o, per meglio dire, in aree metropolitane dove la carenza di servizi si fa sentire come, per esempio, in periferia. Un progetto, una sfida diversa in un territorio dove l’attenzione è giustamente concentrata su problemi reali, ma a volte forse troppo strumentalizzati secondo le esigenze di parte.

Il termine “Scuola Popolare” è fittamente abusato, ma nasconde in sé quello che a Roma ha significato crescita culturale e ha portato realtà come Testaccio, Donna Olimpia e Villa Gordiani, per citare alcune delle storiche scuole popolari di musica romane, a crescere fino a collaborare con istituzioni e organismi internazionali, ma soprattutto ha significato quello che è più importante: dare la possibilità a giovani e meno giovani, professionisti e dilettanti di fare un percorso formativo di livello a costi fortemente contenuti.

La prima è la scuola popolare di Testaccio che nasce nel 1975 in un contesto di rinnovamento culturale in una città che, dopo anni,  si libera di amministrazioni che mostravano poca sensibilità verso il lavoro di socializzazione e, soprattutto, incuranti dell’importanza degli spazi “collettivi” che erano, di conseguenza, a gestione esclusiva di parrocchie, sedi di partito e sindacati.

Testaccio annovera tra i suoi primati quello di aver sottratto lo spazio alla malavita locale che adoperava i locali del dismesso mattatoio comunale come deposito per le proprie attività illecite, un opera allo stesso tempo sociale e di recupero urbano. I locali vennero poi ristrutturati e da allora oltre 1000 persone l’anno trovano una residenza educativa e ludica a prezzi moderati.

La Scuola Popolare di Musica Donna Olimpia nasce a Roma nel gennaio 1976 dall’incontro di alcuni giovani musicisti e studenti di musica con gli operatori del Centro di Quartiere Donna Olimpia, all’interno del complesso delle case popolari chiamato I grattacieli e descritto da Pier Paolo Pasolini in “Ragazzi di vita”. Dopo un periodo di gestione interna al Centro di Quartiere come Circolo Arci, la Scuola viene legalmente costituita il 23 gennaio 1980”.

Questo invece recita il manifesto di presentazione sul WEB alla voce Scuola Popolare Donna Olimpia. Monteverde, quartiere allora al limite tra la periferia e centro, ospita questa esperienza in piena convivenza con una città che sta espandendosi e che vedrà, di lì a poco, un crescente esodo verso la provincia, per i più fortunati, e la periferia estrema, visti i costi più contenuti delle abitazioni e la possibilità di costruire abusivamente, per gli altri. Ma la caparbietà degli operatori di Donna Olimpia e la proposta didattica porterà questa realtà ad avere in 40 e passa anni circa 40000 allievi e decine di formatori, nonché un riconoscimento istituzionale di tutto rispetto.

Nel 1979 invece nasce la Scuola Popolare di Musica di Villa Gordiani, vero quartiere periferico che ha sede sulla Prenestina. Solido baluardo culturale e formativo, la Scuola Popolare di musica di Villa Gordiani ha rappresentato il punto di riferimento per migliaia di persone, studenti, lavoratori, bambini e pensionati che non potevano, allora come oggi, raggiungere il centro, a causa dei problemi logistici che tutti conosciamo. La loro pagina WEB così recita:

“Facciamo didattica musicale dal 1979, abbiamo formato bambini curiosi felici di conoscere uno dei giochi più belli del mondo: quello di sperimentare la propria musicalità; abbiamo formato ragazzi talentuosi e adolescenti che desideravano formare una band; abbiamo formato adulti che da giovani sognavano di esibirsi su un palco; abbiamo formato pensionati che volevano continuare a vibrare d’emozione… M a soprattutto abbiamo formato allievi che della musica hanno fatto una professione! E siamo rimasti in contatto con la maggior parte di loro, perché ci hanno mandato un amico, un figlio, un nipote; perché sono tornati come insegnanti o anche perché passano semplicemente a salutarci.

Da qui il bisogno e la curiosità di poter pensare, anche se in piccolo, che il territorio del VI (ora V) Municipio potesse avere una possibilità come questa”.

La Scuola popolare di Musica di Torrespaccata nasce invece nel maggio del 2018 dall’iniziativa di alcuni cittadini Romani che desiderano assicurare un’educazione musicale ai loro figli e, nel contempo, valorizzare una zona popolare che da più di trent’anni è abbandonata a sé stessa. Oggi, la scuola è tra le più giovani realtà musicali accessibili a tutti con un contributo di partecipazione per l’appunto “popolare”. 

Piano formativo

La Scuola popolare di musica di Torrespaccata si è pone come obiettivi e finalità quella di favorire l’educazione musicale dei giovani, giungendo poi ad ampliare la propria proposta:
• Allo sviluppo e al perfezionamento dei talenti artistici di qualunque livello ed età, in un panorama di respiro nazionale ed internazionale.
• Alla promozione di momenti di socializzazione attraverso il “far musica” e alla diffusione anche attraverso l’organizzazione di eventi e concerti della letteratura musicale lirica e strumentale e di momenti di solidarietà e di crescita personale.
Queste finalità si perseguono tramite definiti percorsi di alto profilo qualitativo, con particolare impegno nel:
• Sostenere e aumentare la soddisfazione degli allievi, leggendo con attenzione viva e con motivazione profonda i loro bisogni, le loro aspettative, i loro sogni.
• Adeguarsi costantemente ai mutamenti e alle esigenze della società e del settore di riferimento per realizzare un continuo miglioramento della propria offerta
Altrettanto importante è il coinvolgimento attivo di tutti coloro che collaborano con la Scuola Popolare di Musica di Torrespaccata, poiché l’affermazione dei valori e delle professionalità della Scuola non è l’esito di un impegno individuale, ma il frutto di un lavoro dell’intera organizzazione, in cui il contributo di ciascuno è essenziale. Contemporaneamente all’Ex Mercato esiste anche un progetto di creazione di laboratorio teatrale, che parallelamente crea un altro servizio nella zona.

Presto su queste pagine interviste e articoli sui protagonisti della scena musicale e culturale romana, dai più affermati agli emergenti, dai promotori di iniziative artistiche e educative, ai semplici appassionati, poiché pensiamo che un modello di società più attenta e meno avvezza al qualunquismo dilagante possa far bene a tutti, un modello che non piace ai detrattori delle positività che alimentano il degrado, con la speranza di avere un esercito di “Uomini e donne senza speranza e obiettivi” così da favorire paure e divisioni, da cui trarre vantaggio.

Una frase di Calvino ancora attuale per concludere  “Contano due principî: non farsi mai troppe illusioni e non smettere di credere che ogni cosa che fai potrà servire”.