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Dormono sulla Collina…

Sabato 14 novembre 2020, dalle 19:45 
Mentre la baciavo con l’anima sulle labbra, l’anima d’improvviso mi sfuggì
 
Assistere a uno spettacolo teatrale può regalare delle emozioni indescrivibili. Oggi però in tempi di restrizioni e separazione fisica non ci resta che raccontare storie tramite un occhio elettronico, quell’oggetto descritto da Orwell però tanto odiato e temuto da tutti noi. 

Questa storia inizia nel lontano 1943 quando una giovanissima Fernanda Pivano, genovese come tanti eroi della nostra canzone d’autore, riesce a dare alle stampe un romanzo tratto da una serie di piccoli racconti di un americano, certo Edgar Lee Masters, un avvocato di mestiere, allora sconosciuto in Italia. Ma già nel 1930 Cesare Pavese riesce ad aver il manoscritto dall’America, ne pubblica un saggio e ne tesse le lodi, descrivendolo come un esempio di virtù letteraria d’oltre oceano, in anni dove i prodotti culturali americani, la musica su tutti, era osteggiata dal regime. 

La prima edizione di Spoon River, tradotto dalla Pivano, vede la casa editrice Einaudi a distribuirlo. Il visto dalla censura era stato dato già nel 1941, in pieno secondo conflitto mondiale. 

Dopo la guerra il romanzo diventa un punto di riferimento della, per noi, sconosciuta letteratura americana, anche se ormai datato, la prima edizione è del 1916 e la seconda è del 1924, irrompe come un maglio e conquista i mercati, se ne contano fino adesso decine di ristampe ed edizioni. Sicuramente in quegli anni un giovane Faber, genovese anche lui, legge quei racconti, che non sono altro una raccolta di piccoli poemi che narrano di innumerevoli personaggi ormai scomparsi che dormono sulla collina… I vizi le virtù, le disgrazie, gli amori, le speranze e soprattutto delle delusioni degli attori di Spoon River fanno da cornice ai racconti. Tutti o per la maggior parte vittime e a volte carnefici, sono interpreti di un mondo fatto di soprusi, angherie ma anche di atti d’amore e eroismi a corollario di una umanità così variegata da sembrare paradossale. Masters racconta di una “piccola America”, un po’ simile anche alla nostra provincia. Nel 1971 esce il terzo Concept Album di Faber, dal titolo “Non al denaro, non all’amore né al cielo”. Nel retro del disco c’è un intervista della Pivano all’ora trentenne De Andrè, per tutti un pezzo di giornalismo musicale e letterario che ha fatto storia. 

Dopo la storia è nota, quel disco considerato uno dei capolavori della nostra discografia, viene suonato, osannato in tutti i luoghi, dalle piazze ai teatri, alla radio e in TV, non si contano i rifacimenti e le performance dedicati a questo lavoro. A noi questa volta il piacere e l’onore di ricordarlo proprio in un momento così buio della storia dell’umanità. Senza pubblico in sala è difficile trasmettere e ricevere emozioni, ma oggi questo possiamo fare, ci basterà il vostro abbraccio virtuale. Grazie come sempre. 
 
Vi aspettiamo in diretta streaming sabato 14 novembre, alle 19:45, sulla nostra pagina Facebook

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Grazie a tutti per aver partecipato all’evento in live!

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50+2 Anni dopo, Auguri Francesco Guccini

Sabato 17 ottobre 2020, dalle 21:00
Cinquanta più due anni dopo, Francesco e le sue canzoni… 
 
Ottanta anni di età, un bel traguardo, arrivarci poi tra canzoni e applausi è ancora meglio. Francesco Guccini classe 1940 compie quest’anno il suo ottantesimo genetliaco, esattamente il 14 giugno e se non fosse stato per la pandemia che ha caratterizzato questo ultimo scorcio di tempo e che ha comunque stravolto abitudini, ha costretto al fermo una miriade di attività tra le quali la cultura in tutte le sue forme, sicuramente il prof di Modena, il titolo di professore gli è stato dato per il periodo di attività al Dickinson College di Bologna dove insegnò italiano fino al 1985, sarebbe stato al centro di celebrazioni alla carriera. Ma i fatti che tutti conosciamo hanno impedito questa e altre importanti occasioni d’incontro e cerimonie pubbliche. 
 
Il nostro progetto intende celebrare questo felice anniversario per la musica e la cultura italiana con una performance di teatro canzone su uno dei capolavori della nostra discografia, l’album “Due anni dopo” che Guccini registrò nel 1969 e pubblicò nel 1970. A cinquant’anni tondi dalla sua uscita quest’album oggi ritorna con la sua attualità, considerato da più voci l’album più introspettivo del Maestro modenese, ha al suo interno brani che negli anni lo stesso autore ha riproposto in live e in studio, con arrangiamenti nuovi e spesso più interessanti, confezionati da musicisti di alto valore come Vince Tempera e Flaco Biondini, solo per citarne alcuni, senza dimenticare altri protagonisti del Rock e del Prog italiano come Ellade Bandini e Ares Tavolazzi che a vario titolo hanno partecipato alle sue rappresentazioni.
Ma l’essenza di “Due anni dopo”, il titolo fu scelto da Guccini per dare continuità al primo lavoro, appunto del 1967/68, che prendeva il nome di “Folk Beat”. Questo titolo emblematico è summa della volontà artistica di “Francesco”, come si fa chiamare semplicemente nella cover del disco, omettendo il cognome volutamente. Guccini si presenta per questa occasione senza la barba, a volte folta a volte più rada, che non lo abbandonerà mai più nel prosieguo della sua carriera, lasciando al pubblico che lo segue da tanti anni un’icona immediatamente riconoscibile, una immagine che è un marchio di fabbrica indelebile. 
 
Il primo album è un collage di brani già portati al successo da altri interpreti, gruppi come i Nomadi di Augusto Daolio e Equipe 84 già avevano nel proprio repertorio brani scritti dal maestro, contestualmente nel disco appaiono brani scritti in gioventù, inseriti a complemento dell’opera. L’esecuzione è molto spartana e affidata più a sonorità Folk e sinceramente poco Beat. Un’opera prima che rimane comunque un punto saldo nella immensa produzione discografica di Francesco Guccini e nel carnet della musica d’autore italiana e internazionale. 
 
Il successivo album appunto “Due anni dopo”, dove non compare ancora il cognome, è lo spartiacque tra il Guccini legato alla canzone sociale e a temi cari alla generazione e alla stagione dei cambiamenti e universalmente riconosciuta come quella del “Sessant’otto”. In questo lavoro, che Guccini completa a trent’anni si sente una introspezione rara per i prodotti della nascente canzone d’autore. I brani sono liricamente impegnati e complessi, con articolazioni vocali intricate, quasi ecumeniche, insieme a melodie più lineari e orecchiabili con appoggi stabili sugli accordi.
Complessivamente il disco consta di dodici brani, gli arrangiamenti sono affidati a Giorgio Vacchi, etnomusicologo di rilievo, ricercatore della tradizione cantico orale dell’area emiliano romagnola. L’intervento di Vacchi fa dell’opera un delizioso capitolo nella storia della discografia italiana.
 
Per partecipare è obbligatoria la prenotazione per gli adempimenti anti covid-19. Vi aspettiamo sabato 17 ottobre, dalle 21:00.

50+2 Anni dopo, Auguri Francesco Guccini 

Avete perso l’evento? Nessun problema! Guardate i video della diretta, buona visione!

Ieri sera, 17 ottobre, si è tenuto l’evento per celebrare il cinquantesimo anniversario di uno dei capolavori della nostra discografia, l’album Due anni dopo di Francesco Guccini, con una performance di teatro canzone. 

Una serata dedicata all’autore per i suoi 80 anni con Luigi Perazzelli, Stefano Ciancarella, Marco Abbondanzieri, Claudia Cauduro, Rosella Mucci.

Grazie a tutti! 

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